NUOVO LIBRO SU SANTA G. BAKHITA
Bakhita: Il fascino di una donna libera
è il volume scritto da Roberto Italo Zanini, edito dalla San Paolo 2019, pp. 160.
Nel libro, il terzo a lei dedicato dall’autore, Roberto Italo Zanini intreccia la storia di numerose donne dei nostri giorni con quella della santa, nata nel Darfur, rapita da schiavisti arabi, ripetutamente venduta e seviziata, riscattata da un diplomatico italiano, portata in Italia e diventata suora, morta nel 1947 a Schio dove viveva ed è sepolta, canonizzata da Giovanni Paolo II che l’ha definita “Sorella universale”. Storie di sottomissione e di dolore, ma soprattutto di libertà ritrovata. Donne come Sara, che dopo un’infanzia difficile e una gioventù segnata da amori sbagliati, si affida a “la Pina” (diminutivo di Giuseppina) per trovare la strada dell’amore vero attraverso l’Amore di Dio. Aprire il cuore. È questa la strada di Bakhita. La sua vita è apertura all’amore di Dio. Nella sofferenza vive l’amore di Dio. E Dio la guarisce. Come Evelyn, americana, e due sue amiche italiane, che si conoscono perché, malate di fibromialgia, scoprono di avere una comune devozione in Bakhita e grazie alla santa intraprendono la strada della guarigione. Maria Borghesan che nel 1999, ben oltre gli 80 anni, ricordava quanto Bakhita l’avesse aiutata a trovare il coraggio di vivere nel momento della separazione dal marito. Come Alessandra e Maddalena che in Bakhita, che aveva perdonato i suoi seviziatori, scoprono la gioia del dono e la meraviglia del perdono.
Un capitolo è dedicato a Prisca Ojok Auma, anche lei come Bakhita è un’africana immigrata in Italia e accolta da una famiglia nella propria casa. Oggi è presidente dell’associazione Mar Lawoti “Amatevi gli uni gli altri” da lei fondata per dare alle africane nuove opportunità di lavoro: una Onlus nata quando Prisca lavorava per il nostro Ministero degli Esteri nei campi profughi ugandesi, impegnata nel recupero dei bambini soldato, delle bambine e delle giovani donne vittime di stupro. Associazione che tanto ha fatto e sta facendo per l’Uganda, anche diffondendo la devozione per Bakhita. Prisca ha trovato in Bakhita la forza e la guida per mettere in relazione la sua Africa con la sua Italia e chiede di guardare al cuore del dolore dell’Africa, quel Darfur di Bakhita che così come compare sulla cartina è proprio il cuore del continente.
Sono raccontate anche le storie di Piera che, a 56 anni, nel 2015, dalla provincia di Varese Bakhita è stata sanata da un’avversione razzista nei confronti delle «donne di colore» e annuncia il suo ritorno alla salute dopo una grave malattia: «Il mio cuore si è calmato, ha trovato la pace». Ci sono anche le testimonianze di Fanny ed Emilia, persone che hanno conosciuto Bakhita.
L’autore raccoglie anche le vicende di tanti uomini come la storia semplice di Giuliano, oggi volontario al Santuario di Schio, dove ogni fine settimana invita tutte le persone che si accostano a “Madre Moretta” ad aprire il cuore al Signore per affidargli la propria vita. Mario, ha 48 anni, ha avuto una gravissima malattia da cui è guarito dopo aver visto Bakhita in sogno e oggi vive sentendo la Santa come sua compagna di strada. Ennio, colpito da emorragia cerebrale e completamente ristabilito, grazie a Bakhita è stato liberato dalla paura di morire e sua moglie Monica ha riscoperto la fede e con essa la vicinanza di tante persone, capaci di accoglierla nella difficoltà.
C’è posto anche per la “storia personale” dell’autore che racconta il suo affetto profondo per Bakhita, conosciuta grazie all’antica amicizia con don Claudio Sorgi (1933-1999), giornalista e scrittore di fama dal quale, nei fatti, ha ricevuto in eredità l’onore di dover “onorare” l’impegno di scrivere per la San Paolo una biografia di Bakhita, poi pubblicata col titolo: Bakhita. Inchiesta su una santa per il 2000. Da quel giorno la santa accompagna l’autore e la sua famiglia, fornendo risposte concrete nelle gioie e nelle “difficoltà” della vita.
Un libro che dà conto, nelle storie concrete, del perché Bakhita sia conosciuta come la santa che libera dalle catene delle schiavitù fisiche e morali. Ma anche del perché sia diventata un simbolo per tutte le donne, in particolare per le africane che fuggono dai dolori dell’Africa e sperano di trovare in Europa la loro realizzazione.
Prof. Giustina Aceto