“LA MISURA DEL PERDONO E’ NEL CUORE DELL’UMILE”
30° DOMENICA – TO C
Lc 18,9-14
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
L’UMILE SPERA
CONTRO OGNI SPERANZA
Mio Dio da me sbuca il fariseo:
gesti, parole, giudizi, condanne!
Batto alla porta del mio petto:
pulsa come cuore il peccato!
Grida a te, Amore incarnato
il mio essere, orribile nulla!
Guardo a terra, mia polvere,
e ti contemplo, mio Signore,
Annientato, divenuto verme,
orrore e disprezzo di noi tutti.
Non chiuderti in te stesso,
mio cuore, desta il mattino,
spera contro ogni speranza
e ti solleverà l’Altissimo.
IL VANGELO VISSUTO DA BAKHITA
Lc 18,13-14
«Sappiamo che m. Bakhita dovette molto lottare con la sua padrona per non tornare al suo servizio ed entrare in convento, eppure mai provò rancore per lei, bensì le ricambiò sempre profonda gratitudine, sia perché mai l’aveva maltrattata e sia perché l’aveva condotta nel catecumenato di Venezia, diretto dalle Suore Canossiane.»
(Positio, Informatio, n°142 pag. 77)
«Non aveva preferenza per alcun ufficio. Dai miei incontri con m. Bakhita ho capito che ella aveva un basso concetto di sé stessa. Si stimava un niente, si diceva “povero gnoco” si meravigliava che gli altri avessero verso di lei delle attenzioni. La convinzione di nullità che ebbe in schiavitù la conservò nella schiavitù di amore. Si umiliava davanti a Dio e ai suoi superiori ed in questo era di esempio alle consorelle. Non aveva preferenze per alcun ufficio. Durante la sua malattia fu sottomessa alle infermiere come a sue superiore… Anche in questo era esemplare alle consorelle. […] Ebbi la sensazione… che trattandosi di un’anima straordinaria la mia stesura [della sua storia avrebbe aiutato] la Chiesa a tener conto di questa vicenda e di questa anima straordinaria.»
(Ida Zanolini, Positio §232-233)