CONFERENZA PER LA CITTÀ DI SCHIO DI FRATEL LINO BREDA
TORNA PER RIDONARCI L’ UMANITÀ DI MADRE MORETTA
La stampa locale ha anticipato la conferenza su santa Bakhita facendoci desiderare di rivedere una persona tanto ricordata e amata dalla città di Schio: Lino Breda, annunciato dal giornale di Vicenza come il più giovane assessore eletto nel comune.
Commovente, durante l’attesa, il vedere arrivare persone autorevoli con i ricordi giovanili di Lino, come la foto di lui schierato con la squadra di calcio, o raccontare come lui intendeva organizzare lo sport affinché tutti apprezzassero i talenti degli altri.
La sala straripava, lo si era temuto, ma dento o fuori la sala degli affreschi del Toaldi Capra, come Lino iniziò a parlare, si creò un clima di desiderato ascolto. Sì, perché tutti volevano ascoltare come lui ‘vivesse’ il dono di Bakhita, la Madre Moretta il cui ricordo in città lo accompagnò nella sua crescita umana e spirituale.
Fratel Lino esordì con un’affermazione che introdusse santa Bakhita tra i giganti della santità.
Di lei ricordiamo la semplicità, ribadì, ma si consideri innanzitutto che questa è un punto di arrivo, non un punto di partenza!
Non ci poteva essere esordio migliore per guidarci a vedere Bakhita capace di baciare le mani dei suoi rapitori per il dono della fede che le avevano mediato, così come san Francesco baciò il lebbroso in cui incontrò Cristo stesso. Ed ancora il parallelo è stato fatto con santa Teresina del Bambin Gesù. Bakhita la si è paragonata a un nuovo san Cristoforo, le sue espressioni di perdono sono state associate alla preghiera scritta in un campo di concentramento dove si ringrazia per i beni eterni che il male ci procura e si chiede a Dio di ricompensare i propri nemici in virtù del bene che ci hanno procurato con il dolore da loro stessi causatoci.
Sì, Bakhita ci è stata ridonata come presenza irradiante che ha vissuto la Parola della Carità descritta da san Paolo (1Cor 13) ed esemplifica la dimensione spirituale della schiavitù. Così come san Paolo afferrato da Cristo è divenuto missionario lei pure si sente co Cristo in un rapporto di schiavitù, come esemplificato nell’inno ai Filippesi: “e ha preso la forma di schiavo”. Ancora, in 1Cor si dice che “Dio ha scelto ciò che nel mondo è disprezzato” e “l’amore di Dio mi ha sempre accompagnato in modo misterioso”, commenta santa Bakhita. Bakhita era una donna bellissima, non solo umanamente, perché la bellezza è interiore, lei si era sentita amata ed ha cercato di amare; è sorella universale perché ha la visione di un umanesimo fraterno dandoci l’esempio di come essere noi stessi artigiani di fraternità. Sì, tutto questo ce lo dona perché il Vangelo è una sequenza di relazioni e la vita di Bakhita è stata una parola buona per tutti.
Come portinaia era costantemente confrontata col diverso, era credibile per la sua coerenza, sapeva farsi piccola perché l’altro si elevi, sapeva accogliere e incontrare tutti perché donava fiducia. Si decentrava tenendo la porta aperta, salutando, ascoltando, sospendendo ogni giudizio, con simpatia e nel dialogo, donando ciò che aveva, esprimendo ospitalità.
La sua partenza non lascerà un vuoto ma dilaterà la città fino a consentirle di abbracciare distanze più grandi.
Fratel Lino ci ha aiutato a scavare nell’esperienza di Bakhita che soggiace a sue espressioni conosciute e pur sempre ricche di mistero, come quella delle due valige con le quali si preparava a varcare la soglia del Paradiso. Quella di Gesù era ben più grande della sua piena di peccati. Con questa metafora, santa Bakhita ribadisce che non è il peccato che conta ma l’amore. Ci libera, in questo modo, dalla tirannia di fare colpo. Ciò che rimane è il dovere compiuto con dedizione.
Ci vuole un lungo cammino per scoprire ciò che è vicino. La presenza di Bakhita è irradiante, chiede di cambiare il cuore per continuare, con lei ad irrorare questa città e ai giovani rivolge l’appello: “Restate umani là dove voi siete” perché la vita cristiana è fare gesti umili che mettono balsamo nelle ferite.