AMICI DI SANTA BAKHITA “PERCHÉ TUTTI SIANO UNO”
P. Christian Carlassare e Nadia De Munari
Care sorelle e amici della famiglia canossiana,
da più parti ci giungono richieste di informazioni e aggiornamenti su p. Christian Carlassare comboniano, e Nadia De Munari dell’Operazione Mato Grosso, entrambi nati a Schio, per i quali, da marzo a maggio, abbiamo gioito e pianto. Gioito per la scoperta di vedere i frutti buoni di chi è cresciuto in questa terra fecondata dalla presenza di s. Bakhita e pianto per le vicende che hanno intrecciato le loro due storie.
Lo scorso 8 marzo la nomina di p. Christian a vescovo di Rumbek, diocesi da 10 anni senza vescovo, ci aveva rallegrati tutti. Ordinato il 4 settembre 2004, il giorno successivo aveva celebrato la sua prima Messa “familiare” a S. Bakhita e il 12 a Piovene Rocchette, sua parrocchia di partenza. Molti i contatti fatti da quel giorno sia con lui che con la famiglia.
L’Associazione Bakhita Schio-Sudan che, alla fine di febbraio si era ripromessa di individuare progetti significativi per la terra di s. Bakhita, ha subito avvertito che p. Christian poteva diventare il tramite ideale per azioni umanitarie efficaci e a lungo termine. In una piattaforma, organizzata per valutare i contatti da perseguire, i soci dell’Associazione hanno confermato il desiderio di arrivare in Sudan ora anche tramite p. Christian.
Mentre tutto questo maturava, ecco giungere la notizia dell’aggressione nella notte tra il 20 e 21 aprile a Nadia De Munari, nostra ex alunna, da oltre 20 anni volontaria permanente in Perù con l’Operazione Mato Grosso.
È stata aggredita nella Casa “Mamma Mia”, dove viveva nella Nuova Chimbote; baraccopoli sorta ai bordi della città, abitata dalle cosiddette “invasioni” di persone che scendono dai 4.000 m. delle Ande per cercare nella città, ai confini dell’oceano, maggiori opportunità di vita e di formazione per i figli. Vivono in strutture provvisorie, fatte con materiali di fortuna, non certo in muratura. Mancano acqua, fognature e l’elettricità è limitata. Il suolo è arido, polvere e immondizie sono ovunque.
In questa realtà Nadia ha accettato la sfida di essere guida e formatrice delle insegnanti di cinque asili e una scuola elementare. La pandemia l’aveva costretta a chiudere le scuole, così lei visitava i bimbi nelle loro – così dette – abitazioni e, per sottrarli da situazioni di abuso e invivibili, aveva scelto di riaprire le scuole offrendo attività fisiche, da svolgersi all’aperto, pur osservando tutte le cautele pandemiche.
Scoperta l’aggressione, per non averla vista alla Messa del mattino, portata a Lima, non superò un intervento neurochirurgico col quale si tentò di salvarla.
Il 24 aprile è tornata al Padre che, a Pasqua, aveva confidato al suo confessore di desiderare tanto incontrare. Desiderio espresso in risposta alla conferma che il bene vince sempre, nonostante le difficoltà, anche se, talvolta, può essere necessario passare dalla croce. Fu vera profezia!
A Schio, a Giavenale dove abitava Nadia e nel circondario la notizia fece fare molti passi. Furono dichiarati tre giorni di lutto cittadino dal 1° maggio, giorno del suo rimpatrio per la mediazione della Farnesina, al 3 maggio, giorno del suo funerale. Per tre giorni, nel duomo di Schio è stata vegliata dai membri dell’Operazione Mato Grosso che, puntualmente, invitavano i fedeli a uscire per igienizzare e lasciare ad altri la possibilità di avvicinarsi. I funerali, celebrati al Palazzetto dello sport di Schio, sono stati diffusi dai canali web per non impedire ad alcuno di esserci!
Ieri, 24 giugno 2021, a due mesi dall’evento, un incontro di preghiera e testimonianze ci ha fatto rincontrare Nadia nel duomo di Schio. Ne abbiamo sentita la voce cristallina dire la cura che aveva per la realtà affidatale e il suo grazie per chi la aiutava ad offrire tutto nella gratuità.
La percezione è quella di aver conosciuto una martire della carità che la città di Schio ha voluto inumare all’entrata del cimitero (lo stesso in cui fu posta s. Bakhita) tra i bimbi innocenti, per poterla ancora visitare e riascoltare il suo motto: “Aiutiamoci ad essere contenti in un mondo dove pochi lo sono”.
Tornando a P. Christian, il 26 aprile ci giunse la notizia dell’aggressione da lui stesso subita nella notte, proprio mentre a Giavenale pregavamo il rosario con i familiari e conoscenti di Nadia. Il nostro cuore chiedeva a Dio che per lui non ci fosse lo stesso epilogo e la preghiera a Bakhita divenne per molti una speranza a cui aggrapparsi.
L’attesa consacrazione episcopale nel giorno di Pentecoste si comprese non essere più possibile. Ma preoccupavano le notizie delle varie operazioni subite alle gambe. Eppure, ci disse la signora Marcellina, mamma del neo eletto e più giovane vescovo della chiesa cattolica, qualcuno lo deve aver protetto perché né l’osso, né i nervi sono stati colpiti in una posizione dove sembra impossibile evitarlo. Ha aggiunto che, come famiglia, sperimentano la vicinanza di tante persone mentre, in Sud Sudan, molte mamme piangono i loro figli per simili aggressioni e morti violente nel totale oblio pubblico del loro dolore.
P. Christian è in via di riabilitazione, ricoverato a Nairobi in Kenya dove ha potuto visionare la documentazione amministrativa della diocesi di Rumbek, là custodita per la precarietà di avere tali uffici in Sud Sudan.
In una videoconferenza con l’Associazione Bakhita, lo scorso 21 maggio, ci ha detto di prevedere un rientro in Italia per completare la riabilitazione e convalescenza. Lo attendiamo a braccia aperte, con nel cuore il motto da lui stesso scelto da Galati 3,28: “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. [WE ARE ALL ONE IN CHRIST.]”
Grazie a p. Christian e a Nadia per questo senso di fraternità universale, fatta di una giustizia che manifesta la verità e di una umanità che dice perdono e vero amore “crocefisso!”
Sorelle Canossiane Comunità S. Bakhita Schio – 25 giugno 2021