CHI HA SCRITTO LE MEMORIE DI BAKHITA / IL DIARIO?
È attribuibile a M. Enrichetta Galli la prima stesura, conservata da M. Teresa Fabris
LE FONTI MANOSCRITTE DI S. BAKHITA
La necessità di documentare le espressioni originali di s. Giuseppina Bakhita, ci ha offerto la possibilità di imbatterci, leggendo la Positio[1], in più nomi di sorelle che scrissero o trascrissero il quaderno, datato al 1910, da tutti conosciuto come “il diario”. Nell’Archivio di Schio se ne conservano più copie: due manoscritte e una fotocopiata (datata al 9 agosto 1910), tutte con diversa calligrafia, ma pur tutte dipendenti l’una dall’altra.
La prima pagina dei due manoscritti ci fa vedere che i due testi presentano solo alcune variazioni stilistiche od ortografiche, che abbelliscono il testo, provando di essere uno l’originale e l’altro una copia della prima[2] stesura con la scritta di Fabris Teresa in seconda di copertina. È stata proprio la diversa calligrafia tra questo nome e il racconto esteso narrato da Bakhita che hanno fatto sorgere delle perplessità. La Positio, tra l’alto, non accenna mai a questo nome tra coloro che trascrissero le memorie di Bakhita.
CHI ERA MADRE TERESA FABRIS?
La scheda anagrafica di M. Teresa Fabris ci informa che questa sorella nacque a Maiano (UD) il 6 ottobre 1902, che entrò a Venezia S. Alvise l’8 dicembre 1936 e fece la prima professione l’8 dicembre del 1939. Fu a Leonacco dal 1939-1954, a Noventa Istituto dal 1954-1955 e giunse a Schio Casa Charitas nel 1955 per un tumore alla testa. Si commenta che “da Casa Charitas si recò molte volte a piedi, sulla tomba di M. Bakhita per chiedere la guarigione.” M. Teresa Fabris raggiunse m. Bakhita in Cielo il 12 luglio 1975, 20 anni dopo il suo arrivo a Schio. Questa sorella umilissima, che “viveva tranquilla il suo presente”, che non si distinse per altri doni che il suo silenzio sereno e laboriosità attenta, probabilmente seppe apprezzare un quadernetto di brutta copia, già steso in bella calligrafia (vedi nella foto il quaderno a destra con copertina azzurra) forse portato a casa Charitas da M. Genoveffa De Battisti che fu membro sia della comunità di via Fusinato che di Casa Charitas.
ALTRE SCRITTRICI – MADRE GENOVEFFA DE BATTISTI
Madre Clotilde Sella, referente dei superiori maggiori per la documentazione su M. Bakhita a Schio, ci informa che «Prima di “Storia Meravigliosa” esistevano su M. Bakhita degli appunti che lei non aveva letto scritti da M. Enrichetta Galli e da M. Genoveffa De Battisti»[3]. M. Genoveffa, durante la prima guerra mondiale, aveva raccolto le memorie di M. Bakhita dalla sua viva voce. Scritti autografi[4], firmati dalla stessa m. Genoveffa De Battisti provano, inoltre, non essere lei l’autrice del manoscritto attribuito a m. Teresa Fabris che nel 1910 non aveva ancora compiuti gli otto anni.
MADRE ENRICHETTA GALLI
Il profilo biografico di M. Enrichetta Galli, scritta da M. Valburga Ricchieri, che l’aveva conosciuta come superiora di Schio prima di essere eletta superiora della Casa Primaria di S. Alvise, ci informa che M. Enrichetta Galli «aveva vissuto a Schio 50 anni circa nella Casa di Schio in qualità di Maestra dell’Educandato [e che era] passata a Venezia dopo la guerra» [1914-18] dove visse altri dieci anni.
La disponibilità del perito di grafologia Giampaolo Fornara ad analizzare la scrittura del quaderno datato al 1910, ci conferma la diversa calligrafia del nome Teresa Fabris con quello della scrittrice del testo del racconto nello stesso quaderno. Nell’ultima pagina, invece, dopo la firma, potrebbe essere stata la stessa Teresa Fabris a scrivere successivamente:
“Morta in odore di Santità l’anno 1947 8 Febbraio a Schio
Processo Diocesano 27 aprile 1955».
Quest’ultima data 1955, ci riporta proprio a Teresa Fabris giunta a Casa Charitas nel 1955 e che in quel quadernetto, forse trovato tra i libri di comunità o datole dalla stessa superiora per incoraggiarla, essendo allora sofferente, trovò in M. Bakhita la medicina che la sostenne nella speranza, che sentiva vicina anche per il senso di piccolezza che lei stessa avvertiva. Visitava spesso Bakhita al cimitero e per arrivarci serviva certamente oltre un’ora di cammino. Eppure lei così minuta e gracile, visse altri 20 anni. Facendoci pensare di essere stata miracolata da Madre Moretta per lavorare nella pace e con serenità «fra casseruole e pentole [lei] una povera suorina, piccola, silenziosa, di cui il mondo non fa conto, che venuta dal nulla e da questo inghiottita, sparisce più del filo d’erba che non lascia traccia». Eppure lei «VIVEVA TRANQUILLA il suo PRESENTE […] Il calore della sua vita ci faccia fiorire nel SILENZIO di PACE»[5]
ALTRE COPIE – M. MARIA FAVARETTO
M. Clotilde Sella testimonia pure: «Ho visto che M. Maria Favaretto, attuale portinaia del nostro esternato di via Fusinato, possiede una copia di uno scritto che ella dice di aver trascritto dall’originale che Madre Bakhita per incarico della superiora dettò nel 1910.»[6]
M. Maria Favaretto, nata nel 1899, giunse a Schio, nella stessa comunità di Bakhita, dapprima dal 1933-1965 e dopo un anno a Castelleone vi ritornò nel 1966 rimanendovi per diversi anni fino a che non fu trasferita a Poiano dove la sua vita si spense. Certamente ebbe modo di conoscere M. Teresa Fabris, presente dal 1955 nell’altra casa canossiana di Schio, pur appartenenti dal 1936 la Casa di via Fusinato alla Provincia di Verona e Casa Charitas a quella di Venezia. Entrambe le sorelle erano occupate in cucina. M. Favaretto «alle bambine, attratte dalla sua amabile bontà […] parlava di Gesù, di Madre Bakhita con la quale era vissuta e che venerava con tenera devozione. Era commovente la fiducia con cui la pregava appoggiando la testa sulla pietra della tomba nella cappella di Schio.»[7]
L’abbellimento della calligrafia del secondo manoscritto (con la copertina azzurra) non ci consigliano di attribuire a lei questa che si presenta quale bella copia dello scritto originale. Copia usata a Roma da Madre M. Luisa Dagnino, come già osservato, per il suo Canto di Libertà.
La fotocopia con un’altra scrittura, molto educata e spirituale, a detta del grafologo, datata: Bassano 9 agosto 1910, non è pure a lei riferibile non trovandosi a Schio in quel tempo. Di fatto l’indicazione del giorno e del mese, assenti nel primo scritto autografo, ci fanno supporre che questa sia stata la prima copia dello stesso manoscritto originale.
Sappiamo che le comunità avevano copie manoscritte della vita di Santa Bakhita, e M. Maria Favaretto, procurò di averne una personale che fu probabilmente smarrita, come diverse altre.[8]
IL DIARIO RITROVATO
Ma perché, ci si chiede, a nessuno è venuto il dubbio della corretta attribuzione del diario a M. Teresa Fabris? La risposta è semplice. Innanzitutto, senza la visione diretta del testo non si può notare che c’è diversità di mano tra la calligrafia della firma e quella del racconto dettato da M. Bakhita. In secondo luogo, lo scritto intitolato: BAKHITA … RACCONTA[9], che annuncia il ritrovamento del diario non ne dà per certa l’attribuzione alla stessa Teresa Fabris:
Penso di fare cosa utile […] riportando un manoscritto ritrovato casualmente in questi giorni a Schio (Vicenza). È un quaderno di poche pagine sgualcite con l’intestazione: QUADERNO DI MADRE MORETTA CANOSSIANA.
MEMORIE DETTATE DA LEI AD UNA SORELLA DELLA CASA DI SCHIO.
(Forse Teresa Fabris. M. Bakhita sapeva leggere bene ma scriveva a fatica: ecco perché dettò. Risulta che anche la scrittrice non era una letterata, perciò l’originalità è più che garantita).
Il “Forse” indica la perplessità dell’autrice dello scritto sull’identità di Teresa Fabris, non identificabile, come già enunciato, con l’autrice del testo rinvenuto ma, presumibilmente, solo con chi l’ha conservato dopo averlo trovato disponibile alla lettura nella comunità di Schio in cui era giunta.
Questo documento, che annuncia il ritrovamento delle memorie, si chiude con la data: Legnago 22 Agosto1969 e, dalle notizie contenute, si può risalire all’autrice M. Maria Beltrame che viaggiò con M. Bakhita e fu preside a Legnago.[10]
M. Teresa Fabris, morta nel 1975, potrebbe, dunque, averlo consegnato lei stessa ai superiori che al tempo del ritrovamento cercavano di raccogliere tutto ciò che avesse attinenza con s. Bakhita.
È innegabile il ruolo avuto dalla devozione di M. Teresa per facilitare il ritrovamento del diario. Per anni aveva fatto tesoro dello scritto di M. Bakhita, per lei era esempio di vita, di cui doveva aver sperimentata l’intercessione tanto che visse altri vent’anni dopo essere giunta a Casa Charitas per un tumore alla testa.
ALTRI MANOSCRITTI – M. MARIANNINA TURCO
Anche M. Mariannina Turco (1894-1953) annotò i ricordi di M. Bakhita, per desiderio dei figli di Illuminato Checchini di conoscere meglio la loro sorella. Erano cresciuti considerandola tale per l’adozione morale[11] di lei fatta dal Padre. Chiesero alla superiora di Schio di avere uno scritto della sua vita, ma del quaderno steso da M. Mariannina non rimase traccia. Ci testimonia nella Positio Giovanna Santulin: «Addetta per turno alla pulizia della chiesa, vidi che Madre Moretta aveva stracciato un quaderno scritto a mano con memorie della sua vita. Chiestole il perché, rispose che non voleva fossero conosciute agli altri le sue sofferenze.»[12]
In qualità di testimone per la causa di canonizzazione M. Mariannina ci donerà quelle memorie raccontando dello stiramento del seno subito dalla giovane Bakhita durante la schiavitù, riferito anche dalla superiora Teresa Martini, e del suo colloquiare con l’angelo custode. Segreto che custodì durante la vita di M. Bakhita che così desiderava e di cui parlò solo quando fu convocata per donare la sua testimonianza.
CONCLUSIONE
La perizia calligrafica della “brutta copia” del diario, scritto con parole comuni alla lingua parlata del tempo, sobrie e comprensibilissime ancor oggi più che il linguaggio aulico del tempo, ci rivela molto di più della scrivente di quanto fa il necrologio che si sofferma ampiamente sulla vita devota della persona, sul suo spirito di preghiera, più che sul suo carattere e personalità. Ci sembra, tuttavia, di poter far coincidere le descrizioni del necrologio, conservato dall’Istituto, con quella della perizia grafologica del primo manoscritto del diario, e di poter affermare che colei che stese le memorie di S. Giuseppina Bakhita fu, con ogni probabilità, M. Enrichetta Galli, presente a Schio quale incaricata delle educande nel 1910.
A M. Teresa Fabris va, tuttavia, il nostro grazie per aver trovato in quel racconto la forza di vivere, di pregare, di credere che i santi possono intercedere e che le preghiere rivolte a Bakhita sarebbero state efficaci anche per lei. Dopo esserci giunta perché malata, visse altri vent’anni, tempo utile per consegnare quello scritto a chi l’avrebbe valorizzato e, come lei, donato e fatto conoscere perché molti sperimentassero l’elezione di Gesù: «Lasciate che i piccoli vengano a me, a loro appartiene il Regno di Dio!» (Mc 10,14)
[1] Sacra Congregatio Pro Causis Sanctorum, Positio Super Virtutibus Iosephinae Bakhita, Roma 1975.
[2] La seconda copia manoscritta ha la copertina azzurra ed è conservata a Schio, dopo essere stata usata a Roma da Maria Luisa Dagnino fdcc, per parafrasare la storia di Bakhita nel libro da lei curato: Un canto di libertà, Roma 20001, 20052.
[3] Bartolomeo de “Grotte di Castro” in Positio, §407, pag. 185.
[4] Vedi Raccoglitore Archivio Storico della comunità dove M. Genoveffa redige una sintesi della storia della Casa per uso legale e la firma. Questo ci conferma trattarsi della sua calligrafia, molto diversa da quella del quadernetto delle memorie di Bakhita datato al 1910.
[5] Tutti i riferimenti diretti a M. Teresa Fabris sono tratti dall’unica facciata del suo necrologio, giunto a noi dall’Archivio Canossiano di Roma A.C.R. la cui copia è conservata nel 1° Raccoglitore dell’Archivio Storico di S. Bakhita a Schio.
[6] M. Clotilde Sella, Positio, §515, pag 226, Ad 50.
[7] M. Renata Colombo, Profilo biografico di M. Maria Favaretto, Verona 8-5-1978, pag. 2. 1° Raccoglitore dell’Archivio Storico di S. Bakhita a Schio.
[8] Negli anni ’90 ci giunse anche notizia di un manoscritto rinvenuto nella biblioteca dei Catecumeni di Venezia, dove Bakhita raccontava la sua storia prima del Battesimo.
[9] Il documento (conservato 1° Raccoglitore dell’Archivio Storico di S. Bakhita a Schio) è già stato pubblicato quale traccia biografica in: Madre Moretta, Sorella universale, ancora ci parla, Schio 2018, pag.37-47.
[10] Cfr. Madre Moretta, nota 20, pag. 46.
[11] Maria Pia Checchini, tuttora vivente a Padova, nipote di Illuminato Checchini ci ha informate sulla richiesta del nonno di adottare legalmente Bakhita e sul rifiuto ricevuto per il suo appartenere ad una razza diversa. L’adozione, tuttavia, essendo un “fatto di cuore”, fu vissuta da entrambe le parti come un dato di fatto tanto che Bakhita visitava la famiglia Checchini in casa, di passaggio per Padova, cosa consentita, all’epoca, solo con i familiari.
[12] Santulin Giovanna, Positio, 4b, pag. 345.
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