S. BAKHITA IN ASCOLTO DEI PRIGIONIERI
Jeffrey Tiner e s. Bakhita – dalla morte la vita
ECCO LA NOTIZIA: Da una cella senza finestre del Penitenziario dello Stato dell’Oregon un detenuto cattolico nel braccio della morte evangelizza in tutto il mondo.
Un ex suprematista bianco, Jeff Tiner è ora ispirato da un’umile santa africana. Resiste alla pubblicità per sé stesso, dicendo che vuole solo diffondere la storia di Santa Giuseppina Bakhita in lungo e in largo. Usa la maggior parte di questo tempo e risorse per sostenere le Suore Canossiane, la comunità religiosa a cui St. Bakhita ha aderito più di un secolo fa.
Un tempo, Jeffrey aveva altre priorità. Nel 1993 a Springfield, avrebbe sparato a un uomo sposato con una donna che voleva allontanarlo da casa e dai suoi figli.
Jeffrey, dicono i documenti del tribunale, si è sbarazzato del corpo dell’uomo in un’area remota della Catena delle Cascate. Aveva già avuto problemi con la legge e portava i tatuaggi di una svastica e le parole “White Pride” (orgoglio bianco).
Anni dopo essere stato condannato, il detenuto Jeffrey Tiner era accasciato nella sua cella quando vide una lettera apparire sotto la sua porta. Colei che scriveva, definendosi la sua “mamma svizzera”, gli comunicava che Gesù, Maria e Josephine Bakhita lo amavano. Eh?
Jeffrey cercò di gettare quello che considerava un pezzo di carta inutile nel cestino dei rifiuti, ma non vi riuscì. Fece un altro tentativo, si chinò per afferrare la lettera caduta fuori, e sembrò che la lettera gli fosse saltata in mano. La posò sulla sua scrivania e tornò ad altri progetti. Ma la lettera lo infastidiva e sentì un piccolo sussulto dell’anima.
Jeffrey rispose alla sconosciuta, dicendole che non sapeva di essere svizzero e chiedendo informazioni su questa donna Bakhita.
Col passare del tempo, ricevette altre lettere e opuscoli dalla sua amica svizzera, grande devota di santa Bakhita, che aveva letto su internet di detenuti nel braccio della morte. E si era proposta di fargli conoscere la santa sudanese. […]
“La mia storia non è importante”, dice ora Jeffrey Tiner, preferendo invece parlare della santa che ha cambiato la sua vita. “La sua storia ha trafitto la mia anima!”.
Dopo aver incontrata Santa Bakhita, il condannato provò speranza. [Così si specchiava in Bakhita:
“Trovai delle analogie tra la mia vita e quella di S. Giuseppina:
– Mentre ella venne ridotta in schiavitù per forza maggiore, io divenni schiavo del peccato per mia volontà.
– Mentre era innocente, Bakhita veniva percossa e sottoposta ad un crudele tatuaggio, io invece, peccatore qual ero, attaccavo risse in prigione e tatuavo con l’inchiostro sulle braccia e sullo stomaco.
– Finalmente Bakhita s’incontrò con buone persone che le parlarono della grazia e dell’amore di Dio. Similmente nel mio caso, Lony mi avvicinò ed aiutò per lo stesso motivo.”]
In un articolo del 2006 per la rivista delle Suore Canossiane scriveva: “Compresi che anch’io potevo tornare in vita, spiritualmente, potevo essere liberato dalla schiavitù del peccato e trovare redenzione e gioia nelle braccia di Gesù e Maria”.
“Sento che Bakhita mi guida nella via verso Gesù”, e aggiunse: “Non sto più aspettando di morire. Sono vivo in Cristo Gesù”.
Jeffrey Tiner è stato battezzato nel 2005. Poiché i funzionari della prigione si rifiutarono di lasciarlo entrare nella cappella principale, il cappellano chiese a due guardie di riempire d’acqua una vasca mobile per il bucato e di portarla nel braccio della morte.
“Là, in catene e manette, sono stato battezzato nell’acqua che sgorgava dal costato di Cristo, rinnovato nello Spirito Santo”, ricorda Jeffrey in una lettera scritta al vescovo ausiliare Ken Steiner.
L’estate dopo il suo battesimo, l’arcivescovo John Vlazny andò in prigione e lo confermò insieme ad altri quattro prigionieri.
Negli ultimi sei mesi, Jeffrey ha scritto regolarmente al vescovo Steiner, firmando le sue lettere: “Mamma Mary ti ama!” Il vescovo Steiner ammette di aver preso la “febbre Bakhita”! Ha persino scritto il suo messaggio di Natale nella rivista “The Sentinel” parlando di lei.
“Sono molto colpito dalla conversione di quest’uomo, in particolare dal suo spirito missionario”, disse allora il vescovo Steiner.
Non era il solo, anche l’allora Papa Benedetto teneva in grande considerazione Santa Bakhita. Nell’enciclica sulla speranza l’ha citata in modo prominente come modello di virtù tanto che Jeffrey inviò al papa una lettera di ringraziamento.
Con l’aiuto del diacono Allen Vandecoevering e della parrocchia di St. Edward a Keizer, Jeffrey ha avviato il progetto Bakhita per aiutare le sorelle Canossiane. Le donne, che indossano semplici abiti grigi, lavorano in Sudan dal 1996, insegnando ai bambini rifugiati giunti in quel campo profughi a causa dell’interminabile guerra. Le sorelle provvedono alle famiglie cibo e assistenza sanitaria. Attraverso i benefattori del Bakhita Project, Jeffrey e i suoi collaboratori hanno finora contribuito alla costruzione di aule presso la St. Francis School di Khartoum. Hanno sponsorizzato una scuola in muratura e un centro femminile in un campo profughi nel deserto e provveduto cibo e forniture a diverse migliaia di bambini che frequentano la scuola nelle tende. Il progetto sta anche cercando di raccogliere $ 45.000 per pagare un nuovo autobus per trasportare gli studenti nel deserto, dove le temperature possono raggiungere i 130 gradi.
Suor Severina Motta, dal Sudan ha scritto a Tiner un anno fa per dirgli cosa possono significare i doni lì “Non avrei mai pensato che i bambini potessero essere felicissimi solo con pochi dolci, biscotti, bevande, sapone e una pallina”, ha scritto subito dopo Natale. «Avresti dovuto vedere la loro felicità. Corsero per la strada portando in spalla la borsetta, poi ballarono e cantarono sotto il sole cocente”.
La “mamma Svizzera” e diverse suore canossiane che lavorano a Roma sono state le madrine sacramentali di Tiner nel suo cammino di fede.
“Mi considero molto fortunata di essere una delle amiche “di penna” di Jeffrey per via della sua vita spirituale che è molto edificante”, scriveva la canossiana Velia De Giusto. “Egli mostra una sete inestinguibile di diventare più simile a Cristo”.
Una suora di Singapore, commossa dagli scritti di Jeffrey, si rivolge a lui come a un “fratello canossiano laico”.
“Qualcuno ha mai fatto così tanto e da dietro le sbarre della prigione?” Suor Mary Siluvainathan ha scritto sulla rivista del suo ordine.
“Queste sorelle mi ricordano molto Madre Teresa di Calcutta”, scrive ancora Jeffrey Tiner in una lettera a The Sentinel: “Si rifiutano tutte di farsi sviare dalle chiacchiere del governo. Strisciano nel fango per salvare i più poveri tra i poveri e i piccoli”.
L’influenza di Tiner si è diffusa nel braccio della morte. È stato lo sponsor della cresima di Conan Hale, condannato per triplice omicidio nel 1996.
Quando Jeffrey incontrò Hale, disse che il nuovo detenuto era angosciato, “infestato” da demoni. Tiner pregò per lui, persino tenendo un crocifisso davanti alla cella di Hale e cercando l’aiuto di Gesù, Maria e Giuseppe. Capiva che l’aiutarlo sarebbe un grande impegno.
Il giorno successivo, Tiner vide Hale piangere lacrime di contrizione. Jeffrey, il veterano del braccio della morte, chiese il permesso di insegnare la fede all’uomo nuovo. Col tempo, Hale diventò una persona nuova e fu organizzata la sua confermazione.
Jeffrey Tiner definisce Hale “un’anima rinnovata” che ora crea e vende opere d’arte per aiutare a sostenere le suore canossiane e altre comunità religiose. Altri tre detenuti sono stati coinvolti nel progetto Bakhita. Jeffrey Tiner, [che in passato ha scritto un lungo articolo per spiegare l’aiuto ricevuto dal rosario] ora lo sta insegnando a un altro prigioniero in difficoltà.
La sua ardente speranza è che il Progetto Bakhita continui a diffondersi oltre i recinti del penitenziario. La Fondazione: The Holy Names Sisters Foundation ha stampato un opuscolo sul progetto e il volantino è stato distribuito nelle parrocchie cattoliche della zona.
La profonda fede di Jeffrey Tiner, dice il diacono Vandecoevering, gli ha concesso una sorta di libertà. “Questa conversione è stato per me un evento incredibile a cui ho assistito”, dice il diacono. “È stato sostenuto e, una volta che Jeff si è convertito ed è stato battezzato, si è liberato da tante incrostazioni di peccato ed è diventato figlio di Dio, quel figlio che Dio da sempre aveva pensato”.
Nel 2022 Jeffrey è ancor in prigione ma dal 2021 non è più nel braccio della morte.
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Ho ricevuto questo racconto nel gennaio 2022 dal diacono Allen Vandecoevering dell’Oregon, amico di Jeffrey. Lo scritto è stato pubblicato qualche anno fa in un quotidiano cattolico dell’Oregon. La corrispondenza con Jeffrey continua; questa testimonianza è solo una goccia del bene che, io stessa, posso testimoniare. Bakhita fa continuamente fiorire Dio in chi l’accoglie con cuore umile.
- Laura Maier fdcc
Laici Canossiani
