UNA SPERANZA CHIARA E LUMINOSA
32a Domenica – Tempo Ordinario / C
Lc 20,27-38 [39-40]
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”.
C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». [Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più fargli alcuna domanda.]
INIZIO DI UNA VITA NUOVA
Io credo risorgerò da morte!
Io so che il mio Vindice vivo
dalla polvere grida con forza:
«O morte, dove sei andata?
Sei fuggita davanti a Dio!
La sua morte ti ha distrutta».
Una rugiada di luci silente
scende e dà vita ai morti:
il tuo vivificante Spirito.
Nuovo e ultimo mattino
di rugiada divina e pura,
primo nel pensiero di Dio.
Viene lo Spirito Santo,
soffia dai quattro venti
e rianima ossa riarse.
Sorge il sole di giustizia
e irrompe, luce di vita,
sui corpi dei suoi eletti.
Gioia soave e profonda,
anelito puro di vita nuova,
si diffonde dai corpi risorti
in ogni membro del corpo,
rinnovato dal soffio di vita,
inizio di creazione nuova.
IL VANGELO VISSUTO DA BAKHITA
Lc 20,38
«Diceva M. Bakhita: “Mi ghe go da tuto (al Paron) … el penserà lu a mi. El xe obligà [Io ho dato tutto al mio Padrone: Lui penserà a me, ne è obbligato]”[…]».
«Bakhita ha riguardato la stessa morte con animo lieto e diceva anche in fin di vita: “Quando una persona ama tanto un ‘altra, desidera ardentemente di andarle vicino: dunque perché aver tanto paura della morte? La morte ci porta a Dio.” A noi che osservavamo che è il giudizio che fa paura, rispondeva: “Fa’ adesso quello che vorresti aver fatto allora: Il giudizio ce lo facciamo noi ora”.»
(Anna Dalla Costa fdcc, Positio, 4a, §82.98, pag. 42.50)