LA LIBERTÀ TESTIMONIATA DA PADRE LUIGI BOLLA
Triduo di S. Bakhita – testimonianza del 6 febbraio 2023
«Credo che il servizio più grande che ho reso a questa gente sia di aver dato loro ogni giorno la Parola del Vangelo (…) Questa è stata la mia più grande gioia, senza la quale mai avrei resistito tanti anni e grazie alla quale non ho mai perso l’entusiasmo nella vita con gli Achuar». Sono parole scritte da Padre Luigi Bolla, chiamato in lingua achuar Yánkuam’, che significa Stella del crepuscolo, cioè “che ci orienta al calar del buio”.
Egli dichiara così qual è stato, nel corso della sua intera vita, l’annuncio di liberazione generatore di tutti gli altri, capace di produrre quanto Gesù aveva affermato. «…conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi…». (Gv 8,32)
L’annuncio della Parola padre Luigi Bolla l’ha reso e testimoniato incarnandolo tenacemente nella realtà quotidiana di quel Popolo della selva amazzonica, portando libertà da alcune forme di servitù nelle quali esso viveva.
- Libertà dalle discriminazioni sociali
Sappiamo che sono discriminazioni ben attuali e diffuse su tutto il pianeta: fra poveri e ricchi, fra società evolute e terzo mondo, fra etnie, culture e religioni diverse.
Yánkuam’ ha incontrato nel suo cammino missionario in Perù la minoranza etnica degli Achuar, di cui nemmeno conosceva l’esistenza. Sparsi nei villaggi della selva amazzonica, divisi in tribù guerriere, erano considerati “i selvaggi”, estranei alla vita sociale, isolati e temuti.
Si è presentato con parole di pace e di umiltà, spoglio di ogni privilegio, cercando accoglienza. Si è messo spontaneamente nella condizione dell’ospite che deve chiedere e ringraziare: una cosa inaudita per i nativi Achuar, che nei bianchi leggevano quasi solo arroganza.
Accettate le loro abitudini di vita tribali, gli abiti e il cibo, padre Bolla è stato legittimato a partecipare con diritto di parola ai costumi rituali e alle discussioni quotidiane fra gli adulti del villaggio che preparavano i piani, le alleanze, i matrimoni e le vendette contro i malefìci. Ha gradualmente convinto gli Achuar a rinunciare alle pratiche guerriere e si è dichiarato inviato dal suo Dio ad annunciare che anch’essi erano Suoi figli. E’ stato riconosciuto uomo di Dio e ascoltato. Ha acquisito autorevolezza e l’hanno seguito. Visitando i villaggi della selva egli ha creato unione fra le tribù, riconosciutesi infine come un unico popolo, il popolo Achuar che ha preso coscienza di essere un’entità sociale e rivendica tale dignità.
- Libertà dalla povertà culturale
Possiamo definire questa povertà come assenza di scolarizzazione o analfabetismo, piaghe tuttora diffuse in diverse zone del mondo e motivo di emarginazione per tanta gente.
Per gli indigeni la situazione si presentava molto più complessa perché la lingua achuar era soltanto parlata, e quindi sconosciuta e mancante di testi scritti. Yánkuam’ ha dedicato decine d’anni a trasferire suoni e pronunce, fonemi e inflessioni vocali dell’idioma indigeno in segni grafici: in lettere, parole, frasi, accentazioni, creando una grammatica achuar fino allora inesistente. Nelle piccole scuole istituite per loro, i ragazzi dei villaggi imparano adesso a leggere e scrivere la loro lingua. Inizialmente ha tradotto in lingua achuar testi di preghiere, di canzoni liturgiche, fino poi all’intero Nuovo Testamento, finito di stampare nel 2009. Ha realizzato il dizionario Achuar-Spagnolo che permette ai giovani di acquisire conoscenza bilingue. E i capi villaggio, riuniti nell’Organizzazione “ATI” – acronimo di “Noi Achuar” nel loro idioma – riconosciuta dallo Stato peruviano, hanno potuto stilare liberamente documenti ufficiali con le autorità governative a definizione e difesa dei propri diritti e territori. Oggi in Perù è riconosciuta, perché scritta e documentata, l’antica cultura Achuar.
- Libertà di abitare, difendere e custodire il proprio territorio
Abitare la propria terra, la propria casa significa, oggi e ovunque, rimanere nella cultura dei padri e riconoscerla come appartenenza.
Fin dall’inizio della sua missione padre Bolla costatava il progressivo depauperamento della foresta pluviale amazzonica operato dai commercianti di legname, dai petrolieri e dai narcotrafficanti. Le grandi questioni dell’ecologia e biodiversità non erano allora così esplicite come lo sono oggi. Lui ne ha subito intuita la gravità e assecondato gli indigeni Achuar a schierarsi contro la distruzione e l’inquinamento del loro habitat. Tutto ciò che possedevano era la terra, il villaggio, le capanne, i sentieri, i corsi d’acqua di comunicazione. Toglierli loro avrebbe significato privarli di tutto, costringerli ad affluire verso i centri abitati, estinguere la loro cultura. Papa Francesco afferma nell’Enciclica Laudato si’ che la scomparsa di una cultura è più grave dell’estinzione di una specie animale o vegetale. Yánkuam’ si è fatto promotore e interprete della libertà di conservare il proprio territorio; tant’è che oggi i nativi possono ricorrere per legge contro la deforestazione e l’inquinamento abusivi.
La libertà operata dall’annuncio della Parola, da cui siamo partiti, sta dunque all’inizio dell’elenco, non in coda; è quella che ha generato tutte le altre. Dio è qui da sempre nei vostri villaggi e voi l’avete già conosciuto negli antichi miti dei vostri antenati. Desidero offrirvi la Parola successiva, che ancora non conoscete. Perciò io sono qui; È questo è il senso del messaggio che padre Luigi Bolla annunciava ai fratelli Achuar.
Senza disprezzare le loro tradizioni, facendo appello al senso del sacro da sempre vivo, ha testimoniato il Vangelo con la sua vita, e la Parola di Gesù ha donato prospettiva e speranza a quel suo amato popolo, l’ha reso libero spiritualmente. Egli ha favorito la nascita di una Chiesa Achuar autoctona che ora cresce incarnata nelle sue radici etniche: in essa operano a diffondere la Parola di Dio un numero crescente di Diaconi indigeni, di Lettori e Catechisti achuar.
Questa sorprendente e profetica novità sta interessando la Chiesa universale. Qui troviamo quasi un parallelismo con la vicenda di Giuseppina Bakhita, conosciuta dal dodicenne Luigi Bolla proprio in questa chiesa, a quest’altare; il parallelismo sembra affiorare dalle parole di Papa Benedetto XVI che ha scritto nell’Enciclica Spe salvi: «Bakhita cercò di sollecitare alla missione. La liberazione che aveva ricevuto mediante l’incontro con il Dio di Gesù Cristo, sentiva di doverla estendere, doveva essere donata anche ad altri».
Forse non è sbagliato pensare che Lei abbia contribuito a sollecitare alla missione quel chierichetto con cui scambiava ogni mattina uno sguardo, nel ricevere il Corpo di Cristo.
Anche Papa Francesco nell’esortazione apostolica Gaudete et exsultate usa parole particolarmente in linea con questo messaggio, e scrive:
«Non avere paura della santità. Non ti toglierà forze, vita e gioia (…) perché arriverai a essere quello che il Padre ha pensato quando ti ha creato e sarai fedele al tuo stesso essere. Dipendere da Lui ci libera dalle schiavitù e ci porta a riconoscere la nostra dignità. Questa realtà si riflette in santa Giuseppina Bakhita» – e prosegue citando l’omelia di Giovanni Paolo II nella canonizzazione: «…fu resa schiava e venduta come tale alla tenera età di sette anni (…) Tuttavia comprese la verità profonda che Dio, e non l’uomo, è il vero padrone di ogni essere umano, di ogni vita umana…».
Facciamo nostre le parole dei due Pontefici e osiamo aggiungere oggi che anche nel missionario scledense Padre Luigi Bolla tutto ciò si riflette. Egli, nell’annuncio del Vangelo agli Achuar, ha trovato ed espressa fedeltà al suo stesso essere, ha liberato la propria vocazione.
Carlo Bolla – Schio, 6 febbraio 2023