UN AMORE IMMENSO CHE CAMBIA LA VITA
Dall’adorazione la conversione e dalla preghiera a s. Bakhita la guarigione
Mi chiamo Lilaria, oggi Sr Veronica, ho 44 anni e sono nata a Caserta, prima di due figlie.
La mia infanzia è stata serena; sono cresciuta in un ambiente colmo di pace e di amore, educata ai valori cristiani e della fede.
Il buon Dio mi ha donato una intelligenza viva e curiosa che mi ha permesso di imparare a leggere, scrivere e far di conto già all’età di tre anni (ho imparato da sola) e di intraprendere con facilità e altrettanta velocità un brillante percorso di studi. A 24 anni avevo già conseguito due titoli accademici e il diploma in pianoforte al Conservatorio di Campobasso, attività che però, in pratica, non ho mai svolto.
Ho vissuto diverse esperienze lavorative bruciando le tappe anche in campo professionale, accumulando esperienze in più ambiti che mediamente dopo un biennio si concludevano per mia volontà, quando iniziavo a vivere una certa “noia” nella routine. Ho conservato per anni nel cuore una inquietudine profonda, una sete di qualcosa di Altro, che attribuivo alla facilità con cui mi abituavo alla realtà che vivevo, al desiderio di vivere nuove esperienze, specializzarmi in altri campi, di mettermi ancora e ancora in gioco.
In questo contesto felice Dio era chiaramente ai margini. Si, avevo ricevuto un’educazione cristiana e cattolica, ma la giovane età, la bellezza, la facilità del successo, mi donavano un senso di autosufficienza alimentando la mia razionalità e la facile inclinazione al dubbio. Si, Dio esisteva, ma lo sentivo lontano; lo immaginavo come in una realtà parallela più che come un padre amorevole e presente.
È stato in questi anni che ho conosciuto un ragazzo di bell’aspetto e di buona famiglia (che chiamerò Pietro) con cui abbiamo vissuto 11 anni di fidanzamento, per scelta di entrambi vissuto in castità, e che sarebbe poi divenuto mio marito se la grazia di Dio non fosse intervenuta con forza nella mia storia.
Pietro aveva già vissuto un’esperienza di fede negli anni in cui era stato boy scout, esperienza che cercava di trasmettermi senza particolare successo invitandomi ad incontri di preghiera, ritiri spirituali, adorazioni eucaristiche. Ma le sue iniziative non facevano altro che sortire l’effetto contrario. Partecipavo per cortesia e non per amore, non per un vero interesse né per desiderio di orazione.
La nostra storia non riusciva a concretizzarsi in matrimonio perché mentre la mia posizione lavorativa era chiara e stabile Pietro, invece, lavorava saltuariamente nel settore turistico, principalmente in estate, e non si sentiva pronto ad affrontare una vita matrimoniale che nasceva su una base economica instabile.
Fu nel 2012 che un’amica mi invitò a partecipare ad un pellegrinaggio a Medjugorje. Mi diede questa possibilità solo un paio di giorni prima della partenza essendosi liberato un posto per la rinuncia da parte di un pellegrino di partecipare al viaggio.
Non ero convinta di partire per Medjugorje, un paese dell’Europa dell’Est in cui si diceva fossero in corso apparizioni mariane. Non ero convinta ma sono partita, forse più per assecondare una mia curiosità (avevo viaggiato un po’ ma non ero stata ancora in Bosnia) che per una vera devozione (pensavo a Medjugorje come ad una delle tante iniziative commerciali allo scopo di lucro). A Medjugorje tuttavia, durante una adorazione eucaristica, ho vissuto una forte esperienza dell’amore di Dio che non ho compreso subito ma che ho gustato in tutta la sua bellezza e potenza. Mi sentivo bene e felice!
Ho creduto che fosse una suggestione del luogo, dei canti, del pregare insieme per darmene una spiegazione; ma quando sono tornata a casa mi sono accorta che effettivamente qualcosa di nuovo e inaspettato era entrato nel mio cuore, qualcosa di grande che mi faceva vivere anche il rapporto con Pietro diversamente: lo sentivo un figlio adesso più che un marito!
Ma a pochi giorni dal rientro da Medjugorje Pietro ottiene finalmente la possibilità di lavorare a tempo indeterminato in una azienda di recupero crediti, cosa che cambia la nostra situazione di coppia perché si pensa a convolare a nozze in fretta. Senza badare a spese si organizza la nostra festa nuziale, ma non ero più la persona che Pietro aveva conosciuto e con la quale aveva condiviso 11 anni. Senza capire cosa fosse e perché, gustavo la potenza e la bellezza di un amore nuovo che era nato nel mio cuore. Il matrimonio lo sentivo lontano…ma allo stesso tempo difficile da archiviare per tante condizioni.
Ho chiesto aiuto al Signore in un momento di grande difficoltà e tormento interiore. Gli ho chiesto con forza e anche con rabbia di intervenire nella mia storia se effettivamente era Lui il motore di tutto questo Amore e di questo Bello che vivevo interiormente sì, ma che mi stava conducendo verso altri lidi a me sconosciuti ma che soprattutto avevano oscurato il desiderio di una vita matrimoniale infondendomi una sete di purezza, di castità, una sete di Amore.
La mia preghiera fu “diversamente” ascoltata perché poco tempo dopo mi fu diagnosticato un linfoma di Hodgkin al 4 stadio b. La mia situazione era particolarmente compromessa perché la malattia aveva interessato la zona polmonare (con una massa mediastinica di 13 cm) ed epatica. Era febbraio 2013. Io mi sarei sposata a settembre di quello stesso anno.
Tante persone iniziarono a pregare per me in particolare novene a Santa Bakhita per chiedere la grazia della guarigione perché era febbraio e il libricino della Shalom “Sulla tua parola” proponeva proprio la novena a Santa Bakhita come suggerimento di preghiera del bimestre. La migliore delle ipotesi prevedeva 3 mesi ancora di sopravvivenza.
Sono guarita in tempi molto brevi senza riportare alcuna cicatrice interna agli organi interessati; una guarigione rapida e duratura (da allora non ho più sofferto patologie oncologiche). L’equipe medica ha comunque portato a termine l’iter chemioterapico ad alte dosi previsto per la mia patologia anche se la guarigione è arrivata subito, dopo circa un mese. Non ho avuto particolari manifestazioni dalla Santa né ho mai personalmente chiesto la grazia, ma in tanti l’hanno invocata per me e a lei la attribuiscono.
Durante il tempo della malattia l’esperienza di amore che avevo vissuto a Medjugorje è divenuta ancora più profonda; non era mio desiderio abbracciare la vita consacrata ma gustavo tutta la bellezza di un amore nuovo, potente e pieno che vivevo interiormente.
Dopo la mia guarigione ho provato ad organizzare il matrimonio una seconda volta ma tanti imprevisti e la malattia di mia madre – anch’essa poi regredita – ne hanno impedito la realizzazione.
La mano di Dio mi ha portata a conoscere la comunità di cui sono attualmente membro. Desideravo incontrare la madre fondatrice, madre Rosaria della Carità, per condividere l’esperienza di amore che avevo vissuto con una donna che a sua volta aveva vissuto una profonda esperienza di conversione e di fede e che avrebbe potuto capirmi. Ma le cose sono andate diversamente. Ho frequentato la comunità per sei mesi ogni fine settimana e mi sono sentita sempre più parte di una realtà nuova, in cui vivevo la forza della preghiera e la gioia della condivisione fraterna.
Lasciato il lavoro dopo sei mesi, chiusa la relazione con Pietro, sono entrata in comunità il 14 settembre 2014, giorno che avevamo scelto per il nostro matrimonio.
Ho professato i primi voti nel maggio 2017. Oggi sono dottoranda in diritto canonico e metto a servizio della comunità quelle che sono le mie competenze mentre camminiamo insieme in un percorso, non sempre facile, volto al raggiungimento della santità che altro non è che la perfezione nell’amore.
Sr. Veronica, Schio 20 agosto 2023