COINCIDENZE O DIO-INCIDENZE
Continuità tra S. Bakhita e Santa Caterina d’Alessandria a Schio
Già prima della pandemia Andrea Alba, giornalista e nostro ex alunno di Schio, ci ha contattate per fotografare la tela del Verla presente nella nostra casa, con in vista una mostra sul castello di Schio. Quest’anno, il 6 aprile è stata aperta la mostra “Il castello che non c’è”. Sono state proposte da aprile ad ottobre anche serate di approfondimento. L’ultima ci ha coinvolte direttamente il 18 ottobre, alle 20.30, presso il lanificio Conte. Questo perché la storia che ha portato la tela dello sposalizio mistico di s. Caterina d’Alessandria, attribuita al Verla, ben si innesta con la storia dei pellegrinaggi in Terra Santa che un tempo facevano riferimento alla chiesa di S. Francesco, dove il Verla ha raffigurato lo stesso soggetto inserendovi pure il castello, così come appare nella tela da noi custodita. Sembra quasi una profezia dell’arrivo di s. Bakhita tra noi e di un’apertura al mondo per il suo essere sorella universale.
Nell’ archivio della casa è conservata la relazione di sor. Maria Carla, con le appendici bibliografiche da lei utilizzate per documentarsi.


COINCIDENZE O DIO-INCIDENZE
L’altro Verla, dalla storia di Schio al Santuario di Santa Bakhita
INTRODUZIONE
Quanto mi troverò a condividere è uno dei doni che mi ha donato la città di Schio dove abito dalla fine del 2013. Nel 2014 ricordavamo i 150 anni della nostra fondazione in questa città, pur essendo già stata desiderata da Chiara dalla Piazza, che aveva iniziato a raccogliere bambine orfane per istruirle nella sua stessa casa in via Codalunga (ora via Fusinato). Chiara aveva incontrato la fondatrice a Verona (si conservano ancora 6 lettere che dal 1832 Maddalena di Canossa le scrisse) e desiderava essere lei stessa Figlia della Carità. Ma a Schio non la si voleva lasciare andare, non la si voleva perdere! Solo nel 1836 entrò nella prima casa canossiana di Venezia allora situata presso la chiesa di s. Lucia (attuale stazione ferroviaria di Venezia).
- Questa relazione presenterà un intreccio di fili che rimandano gli uni agli altri. Sono tante tracce che sembrano indicare, nel quadro dello sposalizio mistico di s. Caterina, quasi una profezia di quanto sarebbe avvenuto presso l’Istituto canossiano di Schio.
- DESCRIZIONE QUADRO (cfr. Tesi Ivana Gallazzini) Si noti subito che la festa liturgica di S. Caterina d’Alessandria è il 25 novembre, giorno del suo martirio.
- SEGUONO NUMEROSI FILI CHE OFFRONO UNA SPIEGAZIONE DELLA PRESENZA DEL QUADRO PRESSO L’ISTITUTO CANOSSIANO: coincidenze o Dio-incidenze?!
1° FILO: ATTO DI MORTE DI CHIARA DALLA PIAZZA
→ Nel 2014, in vista del nostro giubileo di fondazione il prof. Giorgio Zacchello ci chiese di verificare la data di morte di Chiara dalla Piazza che, secondo l’atto di morte, cercato negli archivi di Venezia, avvenne a Venezia il 25 novembre 1856.
Chiara, nata il 2 marzo 1904 ed entrata in convento il 2 marzo 1836 aveva vissuto 20 anni “come sale nella Casa del Signore” e la sua eredità patrimoniale, rimasta alla casa di Venezia insieme alla speranza di una fondazione scledense, furono la premessa per la fondazione del 1864 e dell’arrivo a Schio di Madre Bakhita nel 1902.
2° FILO: DATA FESTA GESÙ BAMBINO DI PRAGA NELLA CHIESA DELLA SACRA FAMIGLIA
Quando cominciai a inoltrarmi nella storia della nostra presenza a Schio il 25 novembre lo incontravo spesso. In quella stessa data era stato deciso di onorare Gesù Bambino di Praga nella chiesa della sacra Famiglia, solennemente inaugurata il 13 ottobre 1901. Quale il motivo se si poteva scegliere il 25 di qualunque mese (Annunciazione e Natale)?
Quando verso il 1898, don Francesco Rebello – succeduto a don Alessandro Garbin –riprese i lavori per completare la costruzione della chiesa, si era preoccupati per l’ingente impegno economico da affrontare, ed ecco giungere una signora portando in dono una statuetta di Gesù Bambino di Praga, per suggerire di pregare il piccolo Gesù e ricevere da lui sostegno nell’impegno preso. La proposta fu accolta anche dal vicinato. In meno di due anni (1899-1901) fu ultimato l’interno della chiesa e tutti i creditori pagati per la beneficienza che affluiva da tutte le parti. (Un faldone nell’archivio del duomo, conferma, con le ricevute delle consegne e altri documenti, la celerità del processo di costruzione).
→ Come già detto, la ricerca fatta a Venezia su Chiara Dalla Piazza, ci ha fatto scoprire che la data messa agli atti della sua morte è il 25 novembre 1856, lo stesso giorno in cui fin dall’ inaugurazione, si è scelto di celebrare la festa di Gesù Bambino di Praga nella chiesa della Sacra Famiglia. Il fatto che nel suo dies natalis si onori il Bimbo a cui sono state rivolte incessanti preghiere per il completamento del Tempio della Sacra Famiglia, ci ha fatto percepire un’altra ‘traccia’ della Provvidenza divina, ed avvertire come, anche dal cielo, Chiara abbia sempre interceduto per il piccolo seme dell’Istituto da lei coltivato.
Dopo l’inizio della chiesa l’8 giugno 1850, partendo in processione da San Giacomo nella festa del Corpus Domini per la posa della prima pietra, i lavori continuarono per la visione profetica di Alessandro Garbin (10 luglio 1821 – 19 marzo 1893), incaricato dal parroco mons. Gaetano Greselin dell’educazione nella scuola iniziata da Chiara dalla Piazza.
Dopo la partenza di Chiara per Venezia, due suore dorotee, furono inviate dal vescovo Antonio Farina ma queste, il 4 novembre 1847, si erano ritirate lasciando l’opera senza insegnanti. Allora, forse, il Garbin pensò che – in tempi di tanti conflitti – l’unica certezza era che Dio sarebbe rimasto e che una chiesa sarebbe stata utile a italiani, francesi, austriaci. In quel momento deve averla vista come l’unica iniziativa utile per tutti e investendo i suoi beni chiese al Folladore di progettarla.
3° FILO: SCAMBIO DI BENI – Come emerso finora, il canonico Garbin investì il suo patrimonio per dare continuità all’opera educativa delle fanciulle per la città di Schio ma non solo, per assicurare l’efficacia del suo progetto si preoccupò delle condizioni testamentarie espresse dagli atti notarili circa l’eredità di Chiara dalla Piazza.
Chiara era figlia unica rimasta orfana ed alla sua morte ciò che le apparteneva avrebbe dovuto essere devoluto a sostegno dell’opera assistenziale scledense la C.A.S.A.
Fu per questo che il Garbin investì il suo patrimonio per riscattare in perpetuo la proprietà di Chiara, affinché la chiesa diventasse il fulcro del polo educativo per cui aveva speso la vita e investito le sue risorse.
Questo si attuò con una permutazione dei beni, a vantaggio della suddetta istituzione scledense, mentre Chiara era ancora in vita, sperando di assicurare la permanenza della proprietà e dell’opera a una famiglia religiosa che se ne fosse fatta carico.
Sta di fatto che il 2 luglio 1864, la sera stessa dell’arrivo delle prime canossiane a Schio, lui stesso consegnò a m. Luigia Navoni, superiora del convento di S. Alvise a Venezia che accompagnava il primo gruppo di sei canossiane, la documentazione relativa al diritto di proprietà, pur continuando lui stesso a guidare l’opera come padre, consigliere e sacerdote; queste le espressioni usate nei suoi confronti dalle prime sorelle da lui accolte.
Era felice ormai di consegnare quanto amministrato fino allora in nome di Chiara Dalla Piazza alle sue eredi spirituali. Tutto accadde esattamente 160 anni fa!
Si era realizzato un suo sogno e, pur morendo nel 1893, prima di vedere realizzata la cupola della chiesa, nel primo 25° della presenza canossiana, si disse più felice del re Ezechia perché già intravedeva la continuità della sua opera educativa.
4° FILO: REPERTI DA S: FRANCESCO – Non ci è stato possibile verificare in che cosa sia consistita la commutazione dei beni effettuata dal Garbin, ma la presenza di reperti provenienti dalla chiesa di San Francesco (lavabo della sacrestia con scritta marmorea del suo uso) presenti nell’anti-sacrestia della Chiesa della Sacra Famiglia, fanno pensare a quel possibile scambio.
Anche la somiglianza del dipinto del Verla, conservato dalle canossiane, con la Pala sullo stesso tema, presente nella Chiesa di San Francesco a Schio, può suggerire la possibilità che il dipinto sia stato acquisito dalla casa in quelle circostanze.
5° FILO: SOPPRESSIONE CHIESA DI S. FRANCESCO – Nel 1870 era stato soppresso il convento di San Francesco, diventato ufficio imposte della città di Schio, erano state disperse – mettendole in vendita – molte delle sue opere e potrebbe essere stata anche quella l’occasione per acquisire ciò che apparteneva alla sacrestia della chiesa francescana, magari insieme alla pala attribuita al Verla.
6° FILO: ROMEA STRATA – Negli anni scorsi, l’incontro con don Raimondo Sinibaldi che vedeva in s. Bakhita un polmone spirituale contemporaneo dell’antica Romea Strata, si prestò a informarci che a Schio abbiamo i segni dei tre percorsi dei pellegrinaggi tradizionali. Raffigurazioni di s. Caterina d’Alessandria si trovano generalmente in chiese francescane lungo il percorso per la Terra Santa (1°). Il Duomo di San Pietro indicherebbe, invece, quelli diretti a Roma (2°) e la chiesa di San Giacomo, col suo soffitto azzurro delineato da stelle, quelli verso San Giacomo di Campostela (3°).
7° FILO: BIMBO RIVESTITO – Nel 1980 i lavori di ristrutturazione intrapresi dall’Istituto canossiano di via Fusinato, in vista della beatificazione di s. Giuseppina Bakhita, hanno portato allo svuotamento della casa e al conseguente ritrovamento della tela attribuita al Verla, restaurata nel 1986 dall’esperto Franco Zorzi.
Il bimbo, rivestito da una veste sovrapposta al colore originale, stava ad indicare che fu probabilmente usata per la preghiera delle alunne, forse quando la cupola non era ancora finita e si usavano altri spazi abitativi come chiesa. Questo potrebbe indicare la presenza del dipinto in casa fin dagli albori della presenza canossiana a Schio.
8° FILO: RAFFIGURAZIONI MOLTO DIVERSE – Nel 1898, il pittore di Schio Giuseppe Faccin, preparava tre pale per la Chiesa di S. Caterina al Tretto, quella centrale aveva come soggetto proprio lo sposalizio mistico di s. Caterina d’Alessandria, ma discostandosi alquanto dallo stile iconografico del Verla, pur raffigurando Maria con in braccio il bambino che offre a Caterina l’anello nuziale. Questo pittore locale e la pala da lui realizzata non ha, dunque, attinenza con la nostra ricerca, pur offrendo una conferma dell’attualità del soggetto raffigurato e della devozione popolare…
9° FILO: CONTEMPORANEITÀ SOGGETTO – In quello stesso anno (1898) si stavano progettando i lavori per completare la chiesa della Sacra Famiglia, ma la grande diversità dello stile delle due raffigurazioni rimanda certamente ad un diverso autore, pur confermandoci sulla contemporaneità del soggetto pittorico.
10° FILO: MOLTI BENEFATTORI – Molti i benefattori dell’Istituto. Primo fra tutti Don Alessandro Garbin che ne intuì i bisogni spirituali, ma anche il senatore Alessandro Rossi (1819-1898) con altri membri della sua famiglia. Luigia Rossi, che tanto aveva donato per l’orfanatrofio, morì pure il 25 novembre chiedendo al fratello Alessandro di sostenere l’opera in cui tanto sperava.
→ Nel Fondo di Alessandro Rossi, tuttavia, non si conserva nessun elenco di opere d’arte da lui possedute. Egli fu un filantropo più che un mecenate. La figlia Maddalena o suor Alessandrina era suora di Maria Bambina, anche quella pista è, dunque, fuori luogo per giustificare la tela del Verla come possibile suo dono alla figlia e quindi motivarne la presenza presso l’istituto canossiano. Alla morte del padre sr. Alessandrina lasciò una “cospicua donazione a favore dell’ospedale [servito dalla sua congregazione] e dell’orfanatrofio della città natale”, non si parla di dipinti.
→ Circa la possibile provenienza del quadro dalla Famiglia di Alessandro Garbin, nel Numero Unico del 1970, Garbin Girolamo, l’ultimo discendente della famiglia, scrisse che era andato distrutto un importante archivio di famiglia. Motivo per cui nulla si può verificare a riguardo di questa nostra ricerca.
11° FILO: ORATORIO PALAZZO GARBIN – Vicino al Palazzo Garbin c’era, comunque, l’oratorio di San Gaetano ora demolito. Considerando il convolgimento di Alessandro Garbin con l’Istituto canossiano, potrebbe essere che il Verla delle canossiane fosse originariamente in quel luogo.
12° FILO: RICERCHE E RESTAURO – Nel 2014-2015 Ivana Gallazzini, nella sua tesi sul Verla discussa a Trento, riferisce l’evidente paternità del Verla del dipinto conservato dalle canossiane, pur notando inizialmente Pino Marchi (1980) e poi soprattutto Franco Zorzi (1986, p. 44), responsabile dell’ultimo restauro, la possibilità di un’incursione di un allievo nell’esecuzione del dipinto a causa del diverso e più caldo incarnato del San Giovanni Battista e della diversa corposità del colore.
→ Potrebbero essere stati usati gli stessi cartoni della pala di San Francesco, suggerisce il prof. Aldo Galli, oppure essere stata eseguita da un allievo.
Resta il fatto che oltre a s. Caterina la tela riproduce il castello, offrendoci l’essenziale della pala d’altare presente nella chiesa di San Francesco.
Ricerche sono in corso presso l’Archivio del Duomo, da parte del dr. Franco Bernardi, per verificare se, oltre all’archivio di famiglia, sia stato documentato altrove il patrimonio artistico esposto in quel luogo di culto.
D. CORRISPONDENZA DI SENSO – GUARDIAMO AL DISEGNO OTTENUTO
Scopriamo le relazioni tra s. Bakhita e s. Caterina d’Alessandria
→ Se Caterina aveva acquisito una sapienza tramite una educazione formale, s. Bakhita la ricevette leggendo il libro della vita di molti fratelli e sorelle in umanità.
→ Se Caterina aveva vesti regali perché di ceto nobile, Bakhita pur giungendo da una famiglia col talento del governo, nel suo corpo mostrava ferite.
→ Entrambe giunsero tra noi dall’Africa, entrambe custodirono il cuore per l’unico sposo che per loro aveva dato la vita e le aveva chiamate ad essere sua sposa. Le memorie di Bakhita esordiscono proprio con queste parole: “Servano questi miei ricordi a farmi sempre meglio apprezzare il dono grande che mi fece Dio eleggendomi sua sposa.”
→ Entrambe: s. Caterina e s. Bakhita potendo scegliere liberamente scelsero di appartenere a Cristo e come guadagno la vita eterna.
→ Se le pale di s. Caterina d’Alessandria indicavano la via verso Gerusalemme, da sempre nella chiesa della Sacra Famiglia sono state custodite le reliquie della Terra Santa, non a caso era chiamata Casa Nazaret l’ambiente che accoglieva le bambine orfane, per questo loro stesse chiamate Nazarene. E sia Caterina che S. Bakhita le identifichiamo in quel bimbo cresciuto nella famiglia di Nazaret, perché entrambe orfane.
→ Ora chi sosta a s. Bakhita cerca la via della libertà e del perdono che indica a tutti la Gerusalemme Celeste, il Cielo, dove Dio riconcilia tutti nella pace dell’amore.
→ Il Castello può diventare la metafora della vita spirituale, come ci propose Teresa d’Avila, pur conoscendo s. Bakhita che è la creazione stessa il castello che parla del solo Dio che lei servì in chi obbediva.
→ Se in passato si provava sdegno per chi violava una fanciulla come Caterina o s. Bakhita, oggi si prova lo stesso sdegno per chi schiavizza, tortura ed abusa dei piccoli, dei giovani, di chi ha i nostri stessi diritti umani.
E. “DIO-INCIDENZE” SONO LA CONSEGNA
La teologia spirituale riconosce nella fede vissuta l’incarnazione della Parola, ci fa riconoscere lo Spirito che aleggia nei tempi e tutto pervade, tutto raccorda. Ed anche noi oggi, nel raccordare fatti ed eventi ci chiediamo: ma cosa mi trovo tra le mani, cosa mi consegna questa storia?
→ Scopriamo nuovi significati, nuovi scenari, una nuova rivelazione della fede secondo i parametri dei nostri tempi: libertà, umanità, complementarietà culturale, fratellanza universale, resilienza, sete di vita spirituale, ritorno al creato… Tutto questo incontriamo in s. Bakhita.
→ Questo è quello che ci resta, questa la lettura dei segni della fede di chi ci ha preceduti. Segni che sono come stigmate che ci aiutano a riconoscere le vie dello Spirito che attraversa la storia e che, i santi nostri fratelli, come in una staffetta, consegnano ad alcuni come “testimone della fede”, perché la Parola corra nel mondo, pacifichi i cuori, risani la terra, e tutto risplenda della gioia della Speranza.
→ Oggi sperimentiamo non di essere sosta di passaggio ma meta di pellegrinaggi che giungono da tutto il mondo. Tutto a conferma che Bakhita e vera sorella universale!
→ Le nozze mistiche di S. Caterina e di s. Bakhita hanno valicato la soglia del loro castello ed entrambe, in tutto: gioia e dolore, hanno incontrato l’amore.
Ecco, mi sembra il messaggio che questa storia ci dona, il castello non c’è perché il Regno di Dio non ha confini e dovunque Egli regna con i suoi santi e con noi pure, Il Signore della storia è sempre presente, sempre in cammino.
Papa Francesco, lo scorso 27 settembre 2024, all’università Cattolica di Lovanio in Belgio, ci ha consegnato un metodo per riconoscere la presenza dello Spirito Santo nella storia e continuare a stupirci, superando l’aridità del razionalismo:
“Non dimenticatevi:
la realtà è superiore alla idea,
il tutto è superiore alla parte,
l’unità è superiore al conflitto,
il tempo è superiore allo spazio”.
CONCLUSIONE
Amo concludere con l’espressione di Gustav Mahler (Kalištĕ, 7 luglio 1860 –
Vienna, 18 maggio 1911), un direttore d’orchestra austriaco:
“TRADIZIONE NON È CONSERVARE LE CENERI MA CUSTODIRE IL FUOCO!”
Sor. Maria Carla Frison fdcc – Schio 18 ottobre 2024 – LINK: Coincidenze o DIO-INCIDENZE